Mondo

Il caso. Due «nodi» tra Santa Sede e Onu

  mercoledì 3 dicembre 2008
Una perplessità e un no dividono, in questi giorni, il Vaticano e l'Onu. La prima per gli "argomenti" di una proposta che nei contenuti è assolutamente condivisa: quella che verrà avanzata dalla Francia all'Onu, a nome dei 25 paesi della Ue, per la depenalizzazione dell'omosessualità nel mondo e secondo cui tale depenalizzazione (sacrosanta anche per la Chiesa) dovrebbe passare per un riconoscimento dei diritti di "genere" in tutti i Paesi dove tali diritti (e i correlati riconoscimenti giuridici) non siani ancora stati riconosciuti. E poi il Vaticano è contrario - lo ha spiegato da tempo - alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, secondo cui un'imperfezione del feto può essere una condizione per praticare l'aborto: un «no» che - si badi bene - riguarda solo questo punto, visto che al testo approvato nel 2006 dall'Assemblea Generale la Santa Sede ha contribuito in modo significativo.Depenalizzazione dell'omosessualità. Sono bastate queste due parole, tradotte approssimativamente dal francese senza tenere conto del contesto in cui erano state pronunciate, e poi ripetute in alcuni lanci d'agenzia che le hanno erroneamente attribuite all'arcivescovo Celestino Migliore, per sollevare una polemica fondata sul nulla. Il Vaticano non si batte contro la «depenalizzazione dell'omosessualità» e non difende «la pena di morte» per le persone gay. Anzi, «tutto ciò che va in favore del rispetto e della tutela delle persone fa parte del nostro patrimonio umano e spirituale». L'aveva spiegato con chiarezza l'osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu, in un'intervista rilasciata all'agenzia francese "I media". Rispondendo a una domanda sull'intenzione della Francia di presentare all'Onu un progetto di dichiarazione sull'omosessualità, a nome dei Paesi della Ue (la Farnesina ha fatto informalmente sapere, ieri, che il consenso dell'Italia sarebbe già dato), Migliore aveva affermato che «il Catechismo della Chiesa cattolica dice, e non da oggi, che nei confronti delle persone omosessuali di deve evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione». Quindi nessun divieto alla proposta di «depenalizzazione per gli omosessuali». Anche perché, ha fatto notare l'arcivescovo, la questione è un'altra. «Con una dichiarazione di valore politico, sottoscritta da un gruppo di Paesi, si chiede agli Stati e ai meccanismi internazionali di attuazione e controllo dei diritti umani di aggiungere nuove categorie protette dalla discriminazione, senza tenere conto che se adottate- ecco il pericolo evidenziato da Migliore- creeranno nuove e implacabili discriminazioni». Un esempio? «Gli Stati che non riconoscono l'unione tra persone dello stesso sesso come "matrimonio" " ha spiegato ancora " verranno messi alla gogna e fatti oggetto di pressioni». Tutto chiaro, no? Peccato che alcune agenzie italiane abbiano sommariamente attribuito all'arcivescovo un perentorio «no alla depenalizzazione dell'omosessualità da parte dell'Onu», scatenando la solita ridda di polemiche anticlericali e di attacchi politici. Tutti da ambienti radicali (di sinistra e di destra) e di area comunista, rimbeccati da esponenti dell'Udc e del Pdl. A sgomberare il campo dagli equivoci è intervenuto padre Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana, che ha ribadito e contestualizzato quanto affermato dall'osservatore all'Onu. «L'intervista di monsignor Migliore, letta integralmente, dice cose chiare e del tutto condivisibili», ha osservato Lombardi. «Ovviamente nessuno vuole difendere la pena di morte per gli omosessuali, come qualcuno vorrebbe far credere. I noti principi del rispetto dei diritti fondamentali della persona e del rifiuto di ogni ingiusta discriminazione, che sono sanciti a chiare lettere nello stesso Catechismo della Chiesa cattolica, escludono evidentemente - ha continuato - non solo la pena di morte, ma tutte le legislazioni penali violente o discriminatorie nei confronti degli omosessuali». «Ma qui - ha avvertito - si tratta di altro, non solo di "depenalizzare l'omosessualita" come è stato scritto, ma di introdurre una dichiarazione di valore politico che si può riflettere in meccanismi di controllo in forza dei quali ogni norma (non solo legale, ma anche relativa alla vita di gruppi sociali o religiosi) che non ponga esattamente sullo stesso piano ogni orientamento sessuale, può venire considerata contraria al rispetto dei diritti dell'uomo». «Ciò - ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana - può diventare chiaramente strumento di pressione o discriminazione nei confronti di chi, solo per fare un esempio molto chiaro, considera il matrimonio fra uomo e donna la forma fondamentale e originaria della vita sociale e come tale da privilegiare». «Non per nulla - ha concluso - meno di 50 stati membri delle Nazioni Unite hanno aderito alla proposta in questione, mentre più di 150 non vi hanno aderito».La Convenzione sui diritti dei disabili. Il Vaticano mantiene ferma la propria posizione sull’articolo 10 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, entrata in vigore l’8 maggio scorso. Ritiene infatti «tragico che una imperfezione del feto possa essere una condizione per praticare l’aborto», come riconosce una Convenzione il cui obiettivo è «proteggere le persone con disabilità da tutte le discriminazioni riguardo all’esercizio dei loro diritti». Ma è questo l’unico dissenso relativo al testo approvato nel 2006 dall’Assemblea Generale ed al quale la Santa Sede, pur non potendo firmarlo, ha contribuito in modo significativo. Radio Vaticana ha descritto ieri la Convenzione Onu come un «passo importante sulla via delle pari opportunità per i 650 milioni di disabili del mondo, circa il 10 per cento della popolazione globale, molti dei quali si vedono ancora negare i diritti fondamentali, quali il pari riconoscimento davanti alla legge, la libertà di espressione e di opinione, l’esercizio del voto e altre forme di partecipazione alla vita politica e pubblica». Per Radio Vaticana, «tra gli aspetti più rilevanti del testo figura l’insistenza sulla sicurezza personale e di vita, mediante l’accesso dei disabili in situazione di povertà al sostegno da parte dello Stato sul piano economico, psicologico e sanitario».Una sottolineatura importante quindi degli aspetti positivi contenuti nel testo, pur con tutti i distinguo di carattere etico più volte illustrati. Nulla di nuovo insomma sulla mancata ratifica da parte della Santa Sede della Convenzione Onu sui disabili, come ha ribadito anche padre Federico Lombardi. Il direttore della Sala stampa vaticana - come riporta un’agenzia - è intervenuto a ribadire una posizione già espressa e ben motivata nei mesi scorsi. «Non c’è assolutamente nulla di nuovo - è stato costretto a ripetere - la posizione della Santa Sede era già stata comunicata a suo tempo dall’arcivescovo Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite».Sempre a proposito della convenzione Onu, ieri Radio Vaticana aveva anche approfondito il tema dei Paesi in via di sviluppo, «in cui la disabilità è fortemente collegata alla povertà ed è spesso sinonimo di esclusione dall’istruzione e dall’assistenza sanitaria, soprattutto nel caso della popolazione femminile e infantile». «Il protrarsi di tale forme di emarginazione - aveva proseguito l’emittente vaticana - rende quindi necessaria la ratifica e l’implementazione della Convenzione, anche ai fini del raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio».